Giovedì al Traiano consegnati anche le menzioni d’onore a Cecilia Sala e a Natalìa Aspesi e il riconoscimento per la poesia a Vivian Lamarque
di Cristiana Vallarino
Ancora una serata che dà lustro alla città, quella della quarta edizione del Premio Scalfari Città di Civitavecchia, con la consegna dei riconoscimenti a prestigiose firme del giornalismo e della poesia, giovedì al teatro Traiano.
Come consueudine, a fare gli onori di casa sul palco è stato il poliedrico Gino Saladini che ha esordito spiegando come il premio sia nato dal basso: da associazioni locali, da un volontariato diffuso, dalle istituzioni e dal mondo imprenditoriale. I nomi dei patrocinatori, dei sostenitori e degli sponsor, riportati sullo schermo dietro al palco, sono stati tutti citati da Saladini. Il sindaco Marco Piendibene ha portato i saluti e i complimenti dell’amministrazione comunale, certo che il Premio si manterrà, nel futuro, identitario per Civitavecchia.
Doveroso il ringraziamento a Fabrizio Barbaranelli da cui è partita la spinta iniziale e che, con Spaziolibero Blog, è nel trio delle associazioni che coordinano l’organizzazione, insieme a Book Faces e Blue in the Face.
E’ stata poi la volta della presentazione della giuria: Massimo Giannini presidente, Ezio Mauro presidente onorario, Dacia Maraini, Maria Grazia Calandrone, Concita de Gregorio, Loredana Lipperini, Bruno Manfellotto e, da quest’anno, pure Paolo Garimberti. E per le associazioni organizzatrici Nicola Porro e Maria Zeno ai quali, seduti in prima fila, Saladini ha portato il microfono per i saluti e i commenti riguardo l’edizione 2025 della manifestazione. Sul palco invece ha invitato Maraini, Giannini, Calandrone e Manfellotto, oltre alle figlie di Scalfari, Enrica e Donata.
Tutti gli interventi degli ospiti sul palco del Traiano sono stati allarmati e allarmanti alla luce della situazione internazionale in cui la stessa democrazia è a rischio e il ruolo dell’informazione seria e dal vivo è costantemente minacciato e pure in considerazione delle voci riguardo il futuro de La Repubblica, il quotidiano creato da Scalfari, e del gruppo Gedi di cui fa parte, per cui si profila una svendita a personaggi stranieri dal preoccupante background.
Il rischio che la tecnocrazia prenda piede ovunque nel mondo, che l’intelligenza artificiale non sia un utile strumento, ma assuma sempre di più un ruolo dominante e fuorviante nella vita di tutti, è stato paventato dalla Maraini, da Giannini e da Manfellotto e naturalmente dal giornalista ritenuto il migliore del 2025 e insignito del premio, Sigfrido Ranucci.
Il primo riconoscimento a venir consegnato è stata la menzione d’onore a Cecilia Sala, poco più che trentenne, da una decina d’anni impegnata sui fronti più caldi del mondo, che riferisce con puntualità e dedizione (oggi anche in un podcast), che le sono costate, lo scorso anno, anche una prigionia in Iran. La giovane reporter ha raccontato uno dei molti incontri della sua carriera che più l’hanno colpita, riuscendo a scalfire l’inevitabile barriera che si deve costruire un giornalista che entra di persona dentro guerre e tragedie.
Altra menzione d’onore, stavolta alla lunghissima carriera, è andata a Natalìa Aspesi, colonna del giornalismo italiano, ultranovantenne che ha salutato il pubblico e i colleghi in un breve e toccante filmato.
Il presidente Giannini ha quindi letto le motivazioni che hanno spinto la giuria ad assegnare il premio Scalfari a Ranucci, “volto” del programma di inchiesta di Raitre Report che settimanalmente porta alla luce scandali e fatti sconcertanti e che per questo ha subito molte intimidazioni fino ad arrivare all’attentato dinamitardo sulla porta di casa. Tanto da dover essere accompagnato dalla scorta. Per il giornalista c’è stato un lunghissimo, caloroso e meritato applauso con la standing ovation del pubblico.
Ranucci ha raccontato il suo lavoro, sottolineando come sia di squadra, costruito quotidianamente con un valido team di cui gettò le basi Milena Gabanelli, e che ancora riesce a portare avanti servizi e inchieste, spesso controcorrente all’interno della Rai. “Dall’azienda ho ricevuto tantissima solidarietà – ha detto – ma resta il fatto che ci hanno tagliato alcune puntate!”. Il giornalista ha quindi evidenziato il rischio che i social, con la diffusione incontrollata di notizie spesso false o manipolate dall’AI, inquininino l’informazione ed ha esortato tutti ma soprattutto i giovani ad imparare a convivere, contrastaddola, con l’intelligenza artificiale che “ormai esiste, non si torna indietro”.
Donata ed Enrica non erano giovedì le uniche parenti di Scalfari ospiti al Traiano: stavolta a raccontare l’aspetto “famigliare” di Eugenio Scalfari è stato il nipote Simone Viola. Il ragazzo ha ricordato come il nonno giocava con lui, in maniera molto fisica, buttandosi per terra con lui bambino e come sia rimasto perplesso davanti alla decisione del nipote, appassionato di calcio, di voler diventare un procuratore sportivo: “Una professione che lui decisamente non capiva!”.
Ultimo premio quello per la poesia, è andato a Vivian Lamarque, consegnato dal sindaco. La quale, profondamente toccata da tutti gli interventi che l’avevano preceduta, ha deciso di cambiare i testi decisi in precedenza per leggerne altri, bellissimi, più inerenti allo spirito della serata.
A fare da colonna sonora dell’evento il sassofono di Francesco Davia e la tastiera di Sofia Colaiacomo, dell’Unione musicale cittadina, che hanno eseguito due brani molto d’atmosfera.


